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STORIA DEL POPOLO POTIGUARA

I potiguara vengono descritti fin dalle prime cronache del XVI secolo come parte del grande gruppo degli Indios Tupì e Tupinambà, nome generico dato agli Indios che abitavano il litorale Brasiliano all’arrivo dei Portoghesi e con caratteristiche comuni sia linguistiche che culturali.

I Potiguara ( tra le varie versioni del nome troviamo anche Potigoar, Pttiguara, Potyuara e Petigoar che venne interpretato come mangiatori o pescatori di gamberi) occupavano il litorale compreso tra le odierne città di Joao Pessoa, nel Paraiba e Sao Luis, nel Maranhao. Le cronache all’inizio del 1600 parlano di una popolazione di circa 14000 Indios censiti dai Padri Francescani che qui avevano le loro missioni, questo dato non teneva conto del fatto che all’epoca molti Indios non erano ancora evangelizzati e sopratutto che le guerre e le malattie portate dagli Europei nel nuovo continente avevano causato la morte di migliaia di nativi, si calcola comunque che prima dell’arrivo dei Portoghesi la popolazione Potiguara ammontasse a circa 100.000 persone.

La maggior parte degli aspetti culturali dei Potiguara è giunta a noi attraverso le cronache di missionari e viaggiatori europei il cui punto di vista era assolutamente parziale e molto critico nei confronti di un popolo considerato selvaggio e non cristiano. Accade quindi spesso di imbattersi in descrizioni che, con molta probabilità, non corrispondono alla verità, è il caso, per esempio, dell’episodio avvenuto proprio a Baia da Traiçao e che ne ha poi generato il nome (Baia del Tradimento) dove i Portoghesi avevano lasciato un piccolo avamposto militare a presidio della regione, in un primo momento i soldati vennero accolti come amici ma in seguito ad un episodio di stupro nei confronti di alcune giovani Potiguara la guarnigione venne massacrata e i corpi dei soldati, a quanto raccontano le cronache portoghesi, smembrati e mangiati dagli indios. Il rito del cannibalismo era praticato nel nuovo continente già dai Maia e dagli Aztechi del Messico come forma rituale di assimilazione della forza del nemico sconfitto, nulla vieta di pensare che anche gli Indios del Brasile praticassero lo stesso rituale, se ciò corrispondesse a verità fu anche per questo che i Portoghesi e le cronache considerarono sempre barbari gli Indios anche per questo motivo.

Riassumendo quali che fossero le abitudini, i riti e in generale la cultura di questo popolo è impossibile dare una valutazione antropologica di tali aspetti culturali se non passando attraverso le testimonianze degli Europei che ne vennero in contatto, dal canto loro i Potiguara, non conoscendo la scrittura, non lasciarono testimonianze della loro cultura e i Portoghesi, con la complicità della chiesa, furono abili e velocissimi a distruggerne ogni traccia con l’evangelizzazione che, come prima regola, imponeva il rifiuto della religione indigena e l’abbandono dei costumi tradizionali e della lingua.

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LA GUERRA POTIGUARA

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Il nome Baia da Traiçao, come già detto, è legato all’episodio del massacro e all’atto di cannibalismo nei confronti di una guarnigione di Portoghesi. Lo storiografo Capistrano de Abreu sosteneva che il fatto avvenne nel 1501 in seguito alla prima spedizione esplorativa Portoghese guidata da André Gonçalves e di cui fece parte il cartografo Amerigo Vespucci, un’altra ipotesi fa risalire l’episodio al 1505 e in questo caso le vittime furono due padri Francescani mandati a convertire gli Indios, comunque siano andate le cose è fuori di dubbio che i Portoghesi, secondo il loro punto di vista, soffrirono qui un tradimento e questo portò alla scomparsa del nome Tupì originario che era Acajutibirò (luogo del Cajù saporito) e dal 1519 nella "Mapa Terra Brasilis", la località verrà sempre indicata come Baia da Traiçao.

Da questo primo contatto comincia la storia della guerra dei Potiguara della regione di Baia da Traiçao contro i Portoghesi i primi si dimostrarono i più irriducibili nemici dell’avanzata del colonialismo portoghese, la loro lotta durò fino alla fine del XVI secolo e la loro fama divenne tale che, nonostante fosse risaputo che il popolo Potiguara occupava quasi 2000 km. di litorale Brasiliano il loro nome fu sempre associato a Baia da Traiçao e questo, assieme ad alcune fortuite coincidenze, fecero sì che l’ultimo nucleo di Indios Potiguara esistente viva proprio e ancora qui.

Durante tutta la prima parte del XVI secolo i Portoghesi si dedicarono alla conquista del litorale più a sud e Baia da Traiçao rimase per oltre 70 anni in pace, i Francesi, che non erano interessati a conquiste, bensì agli aspetti più commerciali dello sfruttamento del Brasile, si stanziarono a Baia da Traiçao e costruirono un approdo commerciale, i potiguara cominciarono con loro un fruttuoso commercio tagliando e vendendo il Pau Brasil, (Caesalpinia echinata L) che i Francesi caricavano sulle navi e trasportavano in patria come legno pregiato e la cui resina veniva usata come colorante nell’industria tessile.

Attorno al 1574 avvenne un episodio di violenza destinato a cambiare completamente le sorti del popolo Potiguara, il fatto avvenne in un engenho (fattoria dove viene lavorata la canna da zucchero) del Pernambuco e divenne famoso come il massacro di Tracunhaem.

La storia narra di un avventuriero mezzosangue che, giunto nel villaggio Potiguara di Cupaoba in Paraiba, fu ricevuto amichevolmente da Iniguassu, Cachique (capo ) del villaggio, tanto che gli donò in sposa la figlia  Iratembé, Lábios de Mel. Gli accordi fatti con Iniguassu prevedevano che la coppia sarebbe dovuta vivere nel villaggio presso la casa dei genitori, ma approfittando dell’assenza del padre l’uomo rapì la bella Iratembé portandola ad Olinda.

quando Iniguassu scoprì il tradimento mandò due dei suoi figli a recuperare Iratambé e caso volle che i due giunsero ad Olinda in occasione della visita del governatore Antonio Salema che ascoltò le rimostranze dei giovani Potiguara ed ordinò la consegna della ragazza ai fratelli per riportarla al villaggio del padre. Durante il viaggio di riorno i tre indios trovarono ospitalità presso l’engenho Tracunhaém di proprietà di Diogo Dias, situato nella Capitania di Itamaracà a nord di Olinda. Al risveglio del gruppo la ragazza era sparita, probabilmente rapita e nascosta dallo stesso Dias che si rifiutava di restituirla; i due fratelli fecero così ritorno al villaggio dove il padre, venuto a conoscenza dei fatti, organizzò un esrecito di duemila uomini per marciare verso Tracu-

nhaem dove gli abitanti dell’engenho furono tutti uccisi, la scorreria degli indios si allargò anche ad altri engenhos di Itamaracà dove le cronache riportano la morte di 614 coloni.

Questo episodio è di grande importanza storica per due motivi, primo perchè determinò la nascita della nuova Capitania del Paraiba e la sua conseguente conquista ai danni dei Potiguara, secondo perchè la Capitania di Itamaracà perse il suo status e passò sotto l’amministrazione del Pernambuco.

Comincia così un lungo periodo di guerre tra Potiguara e Portoghesi che riassumerò di seguito:

 

 

Subito dopo il massacro di Tracunhaem parte una spedizione punitiva alla volta del villaggio Cupaoba, l’esito sarà negativo per i Portoghesi.

Nel 1575 una seconda spedizione  termina con la sconfitta dei Portoghesi.

Nel 1579  i Portoghesi subirono una nuova disfatta alla Barra del Rio Mamanguape, 10 km. a sud di Baia da Traiçao, dove persero 40 uomini e i superstiti si diedero alla fuga.

Nel 1584, dopo pressanti e continue richieste di aiuto al governatore di Bahia, parte una spedizione composta da sette navi Spagnole, due Portoghesi coadiuvate da una spedizione via terra composta da volontari di Itamaracà ed Olinda, le forze coloniali si riunirono alla foce del Rio Paraiba, non lontano dall’odierna Joao Pessoa, capitale del Paraiba, qui diedero inizio alla costruzione di un fortilizio di legno con una guarnigione di 170 uomini. Dal forte i Portoghesi mandarono diverse spedizioni verso nord e dopo alcune scaramucce terminate a loro favore una di queste spedizioni cadde in una imboscata dove morirono 50 Portoghesi e più di 400 indios alleati, il rimanente delle forze fuggi in Pernambuco lasciando il forte con la sua guarnigine sotto l’assedio dei Potiguara.

Nel 1585 i Potiguara ottennero l’appoggio della tribù confinante dei Tabajara che occupava le terre tra Joao Pessoa e Itamaracà, saputa la notizia i Portoghesi radunarono un esrcito forte di 500 uomini bianchi oltre agli indios alleati, l’alleanza tra Potiguara e Tabajara però non durò molto e a causa di incomprensioni tra le due tribù i Tabajara passarono dalla parte dei Portoghesi con i quali riuscirono a raggiungere il forte e liberarlo dall’assedio. pochi mesi più tardi i Portoghesi cominciarono a costruire la città di Nossa Senhora das Neves, futura Joao Pessoa.

Verso la fine del 1585 un gruppo di navi Francesi arrivò a Baia da Traiçao per caricare Pau Brasil. I Portohesi organizzarono una nuova spedizione che s’impossessò del forte che i Francesi avevano costruito presso l’odierna Aldeia do Forte, poco a nord di Baia da Traiçao, da lì attaccarono il villaggio dove oggi sorge Sao Miguel devastandolo.

Nel 1586 i Francesi mandarono 7 navi con uomini e munizioni con l’intento di appoggiare i Potiguara, loro partner commerciali.

I Francesi attaccarono un villaggio di Indios alleati dei Portoghesi nei pressi di Nossa Senhora das Neves uccidendo più di 50 persone, i Portoghesi decisi a vendicare l’affronto mandarono una spedizione nella Serra di Cupaoba, oggi chiamata Serra das Raizes, i villaggi erano senza la difesa dei guerrieri probabilmente perchè tutti gli uomini erano nei boschi a tagliare Pau Brasil per i Francesi, così i Portoghesi ebbero gioco facile nel devastare diversi villaggi uccidendo donne, vecchi e bambini, al ritorno da lavoro nella foresta i Potiguara si organizzarono e circondarono le forze Portoghesi che, avendo subito troppe perdite furono costrette alla ritirata.

Nel 1589 i Potiguara assediano la città di Nossa Senhora das Neves lasciando i suoi abitanti senza cibo e acqua, la città viene riconquistata solo nel 1590 e i Potiguara si rifugiano nel Rio Grande do Norte, dove i Portoghesi entreranno solo nel 1598.

Le ultime sacche di resistenza dei Potiguara, abbandonati dagli alleati Francesi e decimati da un’epidemia di vaiolo cessano la loro attività di guerriglia nel 1597 arrendendosi dopo 25 anni di guerra quasi ininterrotta.

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LA GUERRA LUSO-OLANDESE E LA NUOVA SOLLEVAZIONE DEI POTIGUARA

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Nel 1580 Filippo II di Spagna unisce i regni di Spagna e Portogallo rumasto senza un erede, nell’Unione Iberica. Da questo momento, fino al 1630, la Spagna entra in possesso del più grande dominio coloniale del mondo. Nel 1581 l’Olanda ottiene l’indipendenza dalla Spagna e fonda la Compagnia delle Indie; gli Olandesi avevano da sempre buoni rapporti connerciali con il Portogallo, ma dal momento della nascita dell’Unione Iberica Filippo II vieta qualsiasi scambio commerciale con l’Olanda e questo spinge gli Olandesi ad aprise nuove rotte di scambio con la forza. È così che comincia la guerra Luso-Olandese. L’annientamento dell’Invincibile Armata Spagnola, dovuto a diverse battaglie navali e ad una serie di tempeste che decimarona la flotta di Filippo II ne 1588, diede l’occasione agli Olandesi per espandersi nelle Indie Occidentali e principalmente in Brasile. Nel 1624 gli Olandesi conquistano Savador di Bhaia, l’allora capitale del Brasile, riuscendola a tenere per un anno, cacciate dai Portoghesi le navi Olandesi risalirono la costa brasiliana giungendo, nel 1629, proprio sulle coste di Baia da Traiçao, qui, dopo aver stabilito un’alleanza con i potiguara, imbarcarono tre Indios e li portarono in Europa per istruirli ed utilizzarli in futuro contro i Portoghesi. Uno di loro era Pedro Potì che diventerà l’eroe Potiguara della lotta contro i portoghesi coadiuvata dall’Olanda, Nel 1630 gli Olandesi occupano il litorale del Pernambuco e del Paraiba, con loro ritorna anche Pedro Potì mandato a rinsaldare l’alleanza con i Potiguara i quali colgono l’occasione per vendicarsi delle vecchie ferite di guerra e si uniscono agli Olandesi nella cacciata dei Lusitani, ma il dominio Olandese dura solo 24 anni, così nel 1654, dopo due importanti battaglie perse dagli Olandesi in Pernambucoo i Portoghesi respingono definitivamente gli Olandesi e riprendono possesso delle terre perdute cominciando una dura azione di rappresaglia nei confronti dei Potiguara, questi ultimi fuggono verso l’interno dove vengono catturati da altre tribù indios per essere uccisi o venduti come schiavi.

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NASCITA DELLA RISERVA INDIGENA DI MONTE MOR E BAIA DA TRAIÇAO

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La storia della nascita della riserva di Monte Mor e Baia da Traiçao passa attraverso una serie di eventi casuali senza il cui accadimento l’ultima testimonianza del popolo potiguara oggi non esisterebbe.

Subito dopo la cacciata degli olandesi dal brasile il paraiba attraversò il periodo più buio della sua storia. Le terre che un tempo erano appartenute all’orgoglioso popolo dei Potiguara furono abbandonate alle scorrerie di mercenari e mercanti di schiavi che con il benestare della Corona Portoghese decimarono e schiavizzarono gli Indios, avventurieri senza scrupoli occuparono e si insediarono lungo il litorale Paraibano e i pochi Potiguara sopravvissuti si rifugiarono in piccoli villaggi sotto la protezione dei missionari cattolici, l’antico popolo nativo stava per essere completamente assorbito dall’invasore bianco, la sua religione disconosciuta a causa dell’evangelizzazione, la sua cultura fatta a brandelli da un nuovo corso storico e le sue terre perdute per sempre.

Una cronaca del 1744 riporta come nell’intero litorale del Paraiba esistessero solo quattro raggruppamenti (aldeamentos) indigeni, Conde e Alhandra, probabilmente occupati dagli Indios Tabajara, Monte Mor e Sao Miguel de Baia da Traiçao, occupati dai Potiguara; la grave situazione nella quale versavano le comunità indigene portò i rappresentanti di queste ultime a fare pressione a Lisbona per risolvere il problema. Le richieste di aiuto furono accolte solamente nel 1859, quando Dom Pedro II, in visita all’importante città di Mamanguape, firmò un documento nel quale tutte le terre del comprensorio di Baia da Traiçao e Monte Mor venivano “donate” alla comunità indigena. Il documento in questione sparì poco dopo la visita dell’Imperatore nel Paraiba probabilmente distrutto dagli occupanti bianchi, Dom Pedro II cercò allora una nuova soluzione ed inacaricò un ingenere, tale Gonçalves da Justa Araujo, di misurare le terre del litorale dimora degli indios per poi dividerle in lotti da donare alle famiglie indigene.

Il lavoro dell’ingegnere cominciò nella parte del litorale sud, a Conde, dove la lottizazione fu portata a termine con successo, qui gli Indios ricevettero piccoli appezzamenti di terra e lentamente persero tutte le loro peculiarità culturali e furono assorbiti dalla nuova società colonizzatrice.

Nel litorale nord Justa Araujo riuscì a misurare il perimetro delle terre indigene, terminò la lottizzazione di Monte Mor ma, quando fu pronto per cominciare la lotizzazione di Baia da Traiçao, l’ingegnere morì lasciando il lavoro incompiuto. Da Lisbona non arrivò la nomina di un nuovo tecnico incaricato, così tutto il comprensorio rimase di proprietà collettiva della comunità indigena diventando così l’unica riserva indigena     del litorale Brasiliano e l’ultima sacca di sopravvivenza culturale del popolo Potiguara che a tutt’oggi esiste se pur contaminata e deturpata dall’avanzare della modernità.

Gli Indios di Monte Mor, confinante con Rio Tinto, proprietari dei lotti, a partire dal 1921 subiscono la costante pressione della famiglia Lungreen che sta costruendo una fabbrica di tessuti nella regione di Rio Tinto, gli Indios vengono dapprima convinti a vendere le terre per pochi soldi, in seguito i più tenaci vengono minacciati o arrestati per futili motivi per poi essere rilasciati in cambio delle loro terre, in pochi anni tutto il comprensorio indigeno lottizzato passa nelle mani dei Lundgreen e gli Indios finiscono per diventare dipendenti della fabbrica di tessuti, dove sono praticamente rinchiusi in uno stato di semischiavitù.

La situazione a Baia da Traiçao non era certo migliore, le condizioni di vita degli Indios che abitavano il comprensorio erano a dir poco precarie, i bambini erano affetti da un’infinità di malattie e la mortalità infantile era altissima, la sifilide, malattia sconosciuta tra gli Indios prima dell’arrivo dei Portoghesi, era altamente diffusa tra gli Indios, le medicine scarseggiavano e le poche che arrivavano al posto di salute indigeno erano spesso scadute. Molti Indios furono costretti a lasciare i propri villaggi data la situazione di miseria e isolamento in cui versavano, il concetto della migrazione era assolutamente estraneo alla cultura degli Indios, prima di questo momento mai un Indio avrebbe lasciato il luogo delle sue radici familiari e culturali per spostarsi in un ambiente sconosciuto e completamente ostile, ma i Potiguara furono costretti a subire anche questa violenza, ancora più triste è sapere che la maggior parte di loro finì per spostarsi a Rio de Janeiro per vivere in un vicolo maleodorante di qualche favela.

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Metamorfosi del territorio Potiguara nel XIX secolo

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Nel 1919 la famiglia Lundgreen, conosciuti in tutto il Brasile per la loro catena di negozi Casas Pernambucanas, comincia la costruzione della fabbrica di tessuti  “Companhia de Tecidos Rio Tinto”nella cittadina di Rio Tinto situata ai margini della riserva Potiguara. A partire da questo momento e per vari decenni, i Lundgreen occupano le terre degli Indios devastando la vegetazione per produrre il legname che serviva ad alimentare le macchine a vapore della fabbrica. Il danno causato è irreversibile e causa la scomparsadi gran parte delle foreste ed il conseguente abbandono dell’attività di caccia come mezzo di sussistenza degli Indios. La sistematica distruzione dei raccolti della popolazione della riserva costringe gli Indios a mettersi al servizio dei Lundgreen abbandonando le proprie abitazioni e vivendo in regime di semi-schiavitù in prossimità della fabbrica dove lavoravano. Terminato il periodo di egemonia dei Lundgreen, negli anni settanta, il testimone della distruzione ambientale passa ai proprietari terrieri che coltivavano la canna da zucchero per le distillerie di alcool che si moltiplicarono a seguito del programma governativo  “Programa Nacional do Álcool”, nato nel 1975 per sopperire alla crisi del petrolio utilizzando l’alcool di canna come combustibile alternativo. Gran parte delle terre indigene furono confiscate per fare spazio alle grandi piantagioni di canna che ancora oggi si espandono dentro e fuori i confini della riserva attestando il colpo di grazia all’ecosistema che era stato preservato dai Potiguara per almeno un millennio. Oggi rimangono nella riserva solo alcune piccole aree di foresta nativa messe a rischio dal taglio illegale di alcuni abitanti della riserva che bruciano le foreste per produrre carbone da vendere nei mercati locali. Nei primi anni della decade ottanta i Potiguara, vedendo il loro territorio invaso e devastato, cominciano a mobilitarsi per riprendere possesso della riserva, comincia così la lotta per la così detta “retomada das terras indigenas”

 

IL MOVIMENTO DI RICONQUISTA DELLE TERRE INDIGENE (RETOMADA DAS TERRAS)

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A partire dagli anni venti, con la costruzione della fabbrica di tessuti Lungreen gli abusi nei confronti dei Potiguara aumentano in modo esponenziale, pur avendo ottenuto il possesso legale delle terre della riserva, si moltiplicano i casi di espropriazione illegittima da parte di autorità e personalità locali come il capo della polizia di Joao pessoa, tale colonnello Farias che aveva preso possesso di terre senza pagarne l’affitto, come lui altri personaggi di prestigio, appartenenti all’alta società Paraibana, approfittavano del precario stato economico degli Indios per sottrarre con l’inganno terre, e ancora i fazenderos con possedimenti confinanti che spesso invadevano le terre indigene prive di confini chiari.

Il pericolo peggiore per gli Indios si rivelò senza dubbio la famiglia Lundgreen che oltre ad impossessarsi con l’inganno di quasi tutta la parte occidentale della riserva, sconfinava fino al litorale di Baia da Traiçao dove disboscava per procurarsi legname utile alla costruzione e sussistenza della fabbrica danneggiando così anche l’economia indigena che nella foresta si procurava cibo con la caccia.

Negli anni settanta Baia da Traiçao divenne una meta turistica abbastanza frequentata dagli abitanti della capitale e delle altre città dell’interior Paraibano, l’allora sindaco, per incentivare lo sviluppo turistico della città, il cui territorio era circondato dalla riserva, cominciò a donare terre ad amici e personalità cittadine, sottraendole alla riserva e agli Indios.

Per concludere il lungo elenco degli abusi, nel 1975 il governo Brasiliano lancia il programma nazionale alcool PEOALCOOL, atto a contrastare la crisi energetica con una nuova fonte di combustibile, l’alcool appunto. L’usina AGICAM, appartenente ad un potente gruppo industriale della regione cominciò la costruzione di una distilleria di alcool dentro il territorio della riserva seguita a ruota da decine di coltivatori di canna da zucchero.

La tensione tra i vari gruppi citati sopra e gli Indios sfociò nel 1980 in un inevitabile conflitto tra le parti. Il primo episodio violento fu la distruzione di un’abitazione e dei campi di canna di uno dei coltivatori legati all’usina AGICAM, gli altri coltivatori appoggiati dalla stessa usina ed indirettamente dalle varie lobbie economiche che avevano interessi nella regione fecero pressione sul governatore di stato per risolvere la situazione, immediatamente il governo del Paraiba intervenne con una serie di benefici per la comunità indigena, promesse e rassicurazione di tale mole che gli Indios, sfiduciati, rinunciarono all’accordo e pretesero una nuova ed immediata demarcazione dei confini della riserva.

Il governo federale e il FUNAI (Fundação Nacional do Índio) responsabile, quest’ultima, della politica indigena del Brasile dopo lo scioglimento del precedente organo federale per la protezione degli Indios (SPI) sciolto nel 1967 per sospetti crimini umanitari, dichiararono di non avere fondi per un’opera del genere e così gli   Indios si rivolsero ad una associazione privata di appoggio alle comunità indigene del sud del paese che finanziò il lavoro portato a termine grazie alla mano d’opera degli stessi Indios Potiguara che demarcarono un’area di 34.300 ettari con la promessa strappata al FUNAI che la demarcazione, che non aveva valore legale perchè portata a termine senza l’avvallo delle organizzazioni governative, sarebbe stata riconosciuta dal governo federale.

Per avallare il lavoro di mappatura il FUNAI incaricò la storiografa Theresa Bauman di stilare una relazione sulla situazione territoriale indigena, una volta publicata la ricerca si scopre che un funzionario dello stesso FUNAI stava tentando di invalidarla dimostrando che il popolo Potiguara era ormai estinto da anni e che le terre in dovevano essere considerate di dominio pubblico.

Il procuratore generale del FUNAI interviene allora in difesa degli Indios sentenziando che è fuori di ogni dubbio l’origine indigena degli Indios di Baia da Traiçao e che comunque il FUNAI era chiamato a risolvere in modo concigliatorio alcuni gravi problemi che la relazione Bauman stava sollevando, primo tra tutti il destino di Baia da Traiçao che, un tempo parte della riserva, era ormai da anni riconosciuto come municipio e che non sarebbe mai potuto essere smembrato per tornare ad essere villaggio indigeno.

Nel dicembre del 1981 viene finalmente redatto il documento ufficiale che stabilisce i confini esatti della riserva degli Indios Potiguara, detta anche Terras Indigenas Potiguara con un’estensione addirittura maggiore di quanto stabilito dagli stessi Potiguara pari a 57.600 ettari.

Ma la storia purtroppo non era destinata a terminare così, gli interessi economici delle varie parti in causa mettono in moto la devastante macchina burocratica brasiliana che, con i suoi mille cavilli legati a firme e riconoscimenti di un’infinità di ministeri ed altri organi, invalida il primo verdetto nato dalla demarcazione indigena e chiama in causa l’esercito per farne una nuova e più “tecnologicamente” aggiornata che, nel gennaio del 1984, fissa l’area della riserva in appena

20.820 ettari, fiaccati da una lotta impari  i leader Potiguara si rassegnano al verdetto emanato sotto l’egida delle forze armate. Rimaneva così esclusa dalla riserva tutta l’area denominata di Monte Mor e già lottizzata a suo tempo dall’ingegnere della Corona Portoghese Gonçalves da Justa Araujo, dovettero passare altri sette anni prima che , nel 1991, tale area venisse di nuovo demarcata e riconosciuta come parte della riserva indigena Potiguara. Le lotte degli anni successivi portarono al reintegro di altre aree della regione e a tutt’oggi il movimento di Retomada non cessa le sue iniziative contro le usine locali per riappropriarsi di terreni invasi con la forza o con la frode.

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FUNAI

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La Fundação Nacional do Índio (conosciuta anche coll'acronimo FUNAI) è un'organizzazione ufficiale del governo brasiliano. È responsabile della protezione dei popoli indigeni e delle loro terre. Si occupa inoltre dell’elaborazione e dell’implementazione delle politiche riguardanti i popoli indigeni del paese.

Fu creato da Cândido Rondon, un ufficiale dell'esercito brasiliano ed esponente del gruppo dei Bororo. Quest'ultimo inventò anche il motto del dipartimento: "Muori se necessario, ma non uccidere". Il quartier generale si trova in Brasilia e dipende direttamente dal Ministero di Giustizia.

È suddiviso in diversi dipartimenti, tra cui l’Unità di Coordinamento generale per gli Indiani incontattati (CGII). Istituita nel 1987, l’Unità è l’unico dipartimento governativo al mondo che ha il compito di proteggere i popoli che non hanno alcun contatto, o hanno contatti molto limitati, con il mondo esterno. Il loro diritto a rimanere isolati viene rispettato: il contatto, infatti, si ricerca solo nei casi in cui si ritiene che la tribù corra un grave pericolo.

Prima dell’esistenza del FUNAI, il suo ruolo era affidato al

Servizio governativo per la Protezione dell’Indio (SPI). Lo SPI, però, fu chiuso nel 1967 quando il rapporto Figuereido, commissionato dal Ministero dell’Interno, svelò gli atroci crimini commessi nei confronti degli indigeni nei decenni precedenti: secondo il rapporto, lo SPI era responsabile di gran parte delle sofferenze e persino dello sterminio di alcune tribù. Lo SPI fu quindi chiuso e al suo posto venne creato il FUNAI.

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