La sveglia del mio cellulare suona alle 17.00, ho dormito sei ore filate cullato dal solo rumore delle onde del mare, non mi capitava da tempo, sarà stata la stanchezza del viaggio, ma di certo a Bologna è praticamente impossibile passare un pomeriggio nel più completo silenzio. Mi alzo, esco dalla porta e salgo la rampa di scale che conduce al terrazzo sovrastante la camera. Arrivo in cima e finalmente posso avere una visione panoramica della mia nuova “casa”, da quassù la vista spazia a 360 gradi in un tripudio di colori reso ancor più emozionante dalla luce del tramonto. Rimango per un attimo incantato, l’Oceano è lì davanti a me con le sue onde potenti, il riflesso dorato del sole sull’acqua è interrotto solo dagli esili fusti delle palme che si ergono verso il cielo, è uno spettacolo indescrivibile, mi siedo sulla sdraio che sta a pochi passi da me e rimango incantato ad osservare come davanti ad un opera d’arte.
-Incredibile vero? Sai, tutte le volte che lo osservo penso a quanto sono fortunata ad avere uno scenario del genere come posto di lavoro. Si può rinunciare ad un sacco di cose superflue se si impara ad apprezzare la natura e qui la natura è la regina incontrastata.-
-Buonasera Thierry. In effetti stavo pensando anch’io qualcosa del genere, ma non è facile lasciare comodità, agi e tecnologia così dall’oggi al domani.-
-Ah lo so bene, ma datti tempo e vedrai che cambierai idea. Quando io e Berto ci siamo trasferiti qui abbiamo lasciato in una casa piena di mobili e di tutte le cose che la gente accumula durante anni di permanenza in un luogo. La nostra priorità era mettere a posto la pousada per cominciare a guadagnare per vivere qui. Bhè dopo un anno siamo tornati in Francia per vuotare la casa e metterla in vendita, nel farlo lei non immagini quanta roba ci siamo ritrovati tra le mani della quale non ricordavamo nemmeno l’esistenza, oggetti doppi o tripli ammassati dentro i ripostigli poco o mai utilizzati, oggetti inutili comprati per soddisfare un bisogno inutile dettato dal consumismo della nostra così detta civiltà. Così quando siamo tornati qui abbiamo cominciato a razionalizzare i nostri acquisti evitando di circondarci di cose inutili a cominciare dal cibo, altro bene che in Europa viene spesso sprecato, Baia è una città con un reddito procapite molto basso e questo ci ha aiutato a dare alle cose un valore molto più reale ed in poco tempo ci siamo resi conto che si vive benissimo anche nella semplicità. Tutto quello di cui abbiamo bisogno per stare bene è attorno a noi e ci è messo a disposizione da madre natura.
-Ah eccovi, vi stavo cercando.-
Mi giro e vedo Berto che sale le scale con un vassoio dal quale spuntano tre bicchieri a tronco di cono tipici della caipirinha.
-Ho preparato tre Caipi per assaporare meglio questo fantastico tramonto.-
Prendo il bicchiere e rigiro il contenuto con la cannuccia che sta perfettamente verticale inserita nel ghiaccio tritato, avvicino la bocca e succhio il liquido.
-Meravigliosa, complimenti al barman è una delle migliori che abbia mai bevuto, come la fai?--
-Bhè innanzitutto per appassionarmi alla cose che faccio mi piace conoscerne la storia e così mi sono documentato sulla provenienza del nome. Come sicuramente saprai Caipira era il nome comunemente usato per chiamare la cachaça nel periodo della schiavitù, quando il liquore, non ancora apprezzato come bevanda, veniva prodotto dagli schiavi con gli scarti della canna da zucchero ed utilizzato come energetico mischiandolo a frutti come arancia e limone, per sopportare il lavoro massacrante nei campi. Da lì il nome Caipira, che identifica qualcosa o qualcuno legato alla vita rurale. Da bevanda per gli schiavi, nel corso dei secoli, la caipirinha è poi stata modificata e rivalutata fino a diventare bevanda alcoolica nazionale con la benedizione del presidente Lula nel 2002. Il segreto per farla così buona non è niente di così prodigioso. La ricetta è la classica, un lime, due cucchiai di zucchero bianco, 2/3 di cachaça non invecchiata, io evito alcune marche come per esempio la Pitù che hanno sapori molto artificiali, per finire ghiaccio frozen. L’unica cosa che bisogna sempre fare è togliere l’anima bianca del lime prima di unirlo allo zucchero e ad un goccio di cachaça poi pestare delicatamente per evitare di schiacciare troppo la buccia del lime che, come l’anima sprigionerebbe un siero amarognolo che rovinerebbe la riuscita del cocktail. Una volta pestati gli ingredienti li passo nel bicchiere, li copro con il ghiaccio e verso sopra la Cachaça, poi mescolo e servo-
-Grazie per la lezione, la terrò a mente e la metterò in pratica molto presto e vi inviterò per un parere.-
-Volentieri-
Risponde Berto.
Mentre assaporo il cocktail centellinandone ogni sorso per non finirlo troppo in fretta, vedo arrivare sulla strada di sabbia che divide la pousada dalla spiaggia un uomo a cavallo dietro ad una piccola mandria di mucche, il gruppetto passa sotto di noi e poi si allontana seguendo la strada fino a sparire dietro ad un edificio a due piani. Mi rendo conto che ancora non mi so orientare in città e chiedo a Thierry:
-Dimmi, dove porta questa strada?-
-In direzione nord prendendo a sinistra arriva nella piazza principale della città che si trova a cinquecento metri in direzione opposta segue la spiaggia per un tratto e poi diventa un sentiero sulle dune che termina al villaggio Acajutibirò due chilometri a sud. La strada non ha nome, ma come spesso accade in Brasile gli abitanti ne hanno inventato uno, in questo caso legato ad un personaggio che per primo vi ha abitato. Questa dove siamo noi è la casa più antica della strada ed è stata costruita da un colonnello dell’esercito in pensione negli anni settanta; a quei tempi la prefettura (comune) cominciò a lottizzare i terreni di questo parte della spiaggia per venderli, così fu aperto il tracciato della strada tra le dune e questa fu chiamata Rua Projeitada; a quell’epoca, a chi cercava la casa del colonnello, veniva indicato Rua Projeitada sem numero (strada progettata senza numero). Il colonnello poi morì e a lato di questa costruirono le altre case che vede, così per fare un po’ d’ordine e per rispetto al colonnello, personaggio di spicco di Baia, la strada venne battezzata Rua do Coronel e i civici delle case? mi dirai! Bene, la numerazione partì dal numero cento della sua vecchia casa che non aveva numero, quindi in Portoghese "sem numero": Così da “Rua Projeitada sem numero” divenne “Rua do Coronel numero cem”, dal momento che sem e cem in Portoghese suonano uguale il gioco è belle e fatto ah ah!-
-Incredibile. Sapete quando sono arrivato stamattina mi sono fermato un momento ad ossevare la gente che si muoveva attorno alla fermata del bus e mi è venuto in mente Jorge Amado ed i suoi romanzi surreali, devo dire che questa storia del nome conferma la mia sensazione.-
-Proprio così.-
Mi fa eco Berto.
- Forse Baia attrae così tanto proprio per il fatto di essere surreale ed in modo così lampante che chi ha un po’ di sensibilità se ne rende conto al primo squardo.. Del resto di storie così ce ne sono a decine e non si capisce mai quanto di reale e quanto di inventato ci sia dentro ognuna di esse, senza considerare le leggende della cultura indigena legate agli spiriti ancestrali e quelle della cultura popolare con i loro personaggi fantastici.-
La luce del sole penetra violenta attraverso le tendine del finestrino del mio vicino di poltrona e colpisce il mio viso, una sensazione di calore quasi soffocante mi costringe ad un risveglio improvviso. Stavo sognando! Ed era un sogno reale perchè stavo ripercorrendo gli eventi di queste ultime settimane che mi hanno portato proprio su questo bus in direzione sud nel minuscolo stato della Paraiba. L’incarico per scrivere la guida assieme a Mariangela, mia moglie, le fasi di preparazione e studio a casa e finalmente la partenza, quattro mesi fa. Il primo impatto con il Nordest, magico per la sua cultura, abbagliante per il sole, sensazioni che avevo già provato in altri viaggi, ma stavolta c’è qualcosa di più, qualcosa di familiare, come se avessi già percorso questi itinerari ed ogni volta mi sentissi a casa.
Improvvisamente i miei pensieri vengono interrotti dalla voce roca del bigliettaio del bus:
Baia da Traição, ultima fermata della corsa tutti i passeggeri sono pregati di scendere ed attendere l’apertura del bagagliaio.-
Mi alzo in piedi afferro il mio zainetto dal pianale sopra la poltrona e mi metto in fila per recuperare la mia valigia, quando arriva il mio turno indico il bagaglio al bigliettaio, lui afferra il manico e si sofferma a leggere la targhetta su cui è scritto il mio indirizzo in caso di smarrimento, mi guarda negli ochhi e dice:
-Italia neh? che ci fa un Italiano al capolinea del mondo?-
Lo guardo a mia volta e rispondo:
Di preciso non lo so nemmeno io, ma sto esplorando il nordest per una ricerca, sia mai che anche al capolinea del mondo non ci siano cose interessanti da scoprire.
-Vero-
risponde lui
-Beh, comunque sia alla fine le strade della vita portano sempre nel luogo giusto, come diciamo qui nel Nordest: “Cavalo de cachaceiro conhece o caminho do boteco.” (Il cavallo dell’ubriaco conosce la strada per l’osteria).-
-Concordo-
rispondo io, ed appoggio la valigia a terra cercando di riprendermi dai quasi 3000 km di viaggio. Il mio pensiero va a Mariangela che resterà in Italia per tutto il mese prossimo, mi manca già, siamo troppo abituati a stare assieme in qualsiasi situazione che mi sale un po' d'angoscia, ma poi penso "coraggio Marco ce la puoi fare". Con uno sbuffo che mi riporta alla realtà l’autobus chiude la porta e riparte. La visuale si allarga e davanti a me si presenta una scena da film surrealista, qulcosa che solo Jorge Amado ha descritto nei suoi racconti e che pensavo fosse frutto della fantasia di un grande scrittore ma che mi rendo conto appartenere alla realtà. La fermata dell’autobus altro non è che il piazzale di un distributore di benzina da condividere con i particular, taxi semiabusivi che partono solo quando sono al completo di passeggeri, mentre osservo il contrattare dei taxisti con i clienti sento lo scalpitare di zoccoli di un cavallo che passa a pochi metri da me, mi giro e vedo un uomo piccoletto con la pelle bruciata dal sole, un grosso machete legato in vita in sella ad un ronzino bianco dall’aria un po’ stanca, sento due volte lo squillo di un cellulare con il tema di Guerre Stellari e vedo l’uomo sul cavallo estrarre un Samsung S6 dalla bisaccia che porta a tracolla.
-Alò. oh meu amigo, estou aqui na Baía para fazer compras, mais tarde a gente se encontra........
A bocca aperta continuo la mia rassegna a 360 gradi della scena, quattro uomini sono seduti sotto la pensilina della fermata del bus giocando a domino, dal gruppo escono risate ed urla ed il violento battere delle tessere sul tavolo, attorno ai quattro si è formato un capannello di altre persone che assistono e commentano la partita, sul lato opposto della strada una donna chiama l’attenzione dei passanti gridando con voce stridula “peixe novinho, è aqui”, la donna brandisce un pesce di almeno due chili con la mano sinistra e con la destra pulisce il bancone dove si trovano una grande asse di legno ed il coltello per tagliare e pulire il pesce, a terra un gruppo di gatti fissa il pesce nella mano della donna senza curarsi di tutto il trambusto che c’è attorno a loro; poi la mia attenzione è catturata dal carretto che emette una musica malinconica a tutto volume sul lato opposto della strada.
-É Luiz Gonzaga.
il padre del Forrò Pé de Serra, la musica del Nord est!-
A farmi riprendere dal mio stato di stupore ed incredulità è la voce squillante di un ragazzino che sta in piedi di fronte a me.
-Hei moço! come ti chiami?-
-Il mio nome è Miguel, ma tutti qui mi chiamano Mortadella perchè ne vado ghiotto e tutti i giorni faccio colazione con pane e mortadella-
-Ah come un vero Italiano, io sono Italiano sai?
-Hi è? E dove si trova l’Italia Senhor, è vicina al Paraiba?-
-Aa ah!! No l’Italia si trova in Europa, dall’altra parte dell’Oceano, molto, molto lontana dal Brasile. Senti tu conosci una pousada che si chiama Acajutibirò? È di un Francese
-Si la pousada del gringo, la conosco è vicina-.
-Bhe mi ci potresti accompagnare?-
-Certo Senhor, venga.-
Miguel prende il mio zaino e s’infila in un vicolo stretto che si inerpica, tra costruzioni un po’ fatiscenti, su una duna di sabbia.
-Questo è il Beco do Morrinho Senhor, è una scorciatoia che porta alla spiaggia di Trincheiras dove sta la pousada del Francese. Mi segua manca poco.
Il beco (vicolo) arriva al culmine della duna dove si apre una strada un po’ più larga che scende ripida verso un palmeto. Ancora non si vede il mare ma. arrivato in cima alla duna, un odore forte mi penetra nelle narici, non è sgradevole, ma è pungente, potente e ti entra nei polmoni. Faccio la discesa a passi lunghissimi seguendo Miguel che trotterella con il mio zaino, arrivato in fondo giriamo l’angolo di un muro e lì lo vedo, l’Oceano, in tutto il suo splendore. Il sole della mattina lo illumina con tutta la sua forza e rende i suoi colori brillanti e saturi dal verde-azzurro del bagnasciuga al blu cobalto della linea dell’orizzonte. Mi fermo per osservare questa meraviglia della natura e grido:
-Miguel!! Cos’è questo odore che si sente nell’aria??-
-É il profumo dell’Oceano, l’odore del sale che si mischia con l’ossigeno, è la Maresia, come la chiamano qui, la salsedine che tutto impregna e come tudo, mangia tutto, ma è anche la prova della purezza dell’aria che si respira qui. Dicono che è una delle più pulite del pianeta sà?-
A parlare alle mie spalle è un adulto, di sicuro non Brasiliano perchè tradisce un accento straniero un po’ cantilenante. Mi giro verso di lui e lo vedo. È un uomo sui cinquant’anni dal fisico asciutto e robusto,capelli biondi ricci ed occhi verdi.
-Salve mi chiamo Thierry sono il proprietario della pousada Acajutibirò.-
-Salve cercavo proprio lei, o meglio la sua pousada. Ho una prenotazione per un appartamento a nome Anghinoni.-
-Ma certo. Benvenuto è un piacere conoscerla. Venga le presento il mio socio Berto e le mostro il suo appartamento così potrà fare una doccia e mettersi comodo. Mi segua. Mortadella vai dentro da Tacio e fatti preparare un panino.-
Non lo so ancora, ma tra non molto anche io e Mariangela entreremo a far parte della ristretta comunità dei Gringos di Baia, quello che invece percepisco chiaramente fin dal primo impatto è che l'atmosfera che si respira qui mi piace e non poco.
Il primo impatto con Baia
Una caipirinha in rua do Coronel 100
La sveglia del mio cellulare suona alle 17.00, ho dormito sei ore filate cullato dal solo rumore delle onde del mare, non mi capitava da tempo, sarà stata la stanchezza del viaggio, ma di certo a Bologna è praticamente impossibile passare un pomeriggio nel più completo silenzio. Mi alzo, esco dalla porta e salgo la rampa di scale che conduce al terrazzo sovrastante la camera. Arrivo in cima e finalmente posso avere una visione panoramica della mia nuova “casa”, da quassù la vista spazia a 360 gradi in un tripudio di colori reso ancor più emozionante dalla luce del tramonto. Rimango per un attimo incantato, l’Oceano è lì davanti a me con le sue onde potenti, il riflesso dorato del sole sull’acqua è interrotto solo dagli esili fusti delle palme che si ergono verso il cielo, è uno spettacolo indescrivibile, mi siedo sulla sdraio che sta a pochi passi da me e rimango incantato ad osservare come davanti ad un opera d’arte.
-Incredibile vero? Sai, tutte le volte che lo osservo penso a quanto sono fortunata ad avere uno scenario del genere come posto di lavoro. Si può rinunciare ad un sacco di cose superflue se si impara ad apprezzare la natura e qui la natura è la regina incontrastata.-
-Buonasera Thierry. In effetti stavo pensando anch’io qualcosa del genere, ma non è facile lasciare comodità, agi e tecnologia così dall’oggi al domani.-
-Ah lo so bene, ma datti tempo e vedrai che cambierai idea. Quando io e Berto ci siamo trasferiti qui abbiamo lasciato in una casa piena di mobili e di tutte le cose che la gente accumula durante anni di permanenza in un luogo. La nostra priorità era mettere a posto la pousada per cominciare a guadagnare per vivere qui. Bhè dopo un anno siamo tornati in Francia per vuotare la casa e metterla in vendita, nel farlo lei non immagini quanta roba ci siamo ritrovati tra le mani della quale non ricordavamo nemmeno l’esistenza, oggetti doppi o tripli ammassati dentro i ripostigli poco o mai utilizzati, oggetti inutili comprati per soddisfare un bisogno inutile dettato dal consumismo della nostra così detta civiltà. Così quando siamo tornati qui abbiamo cominciato a razionalizzare i nostri acquisti evitando di circondarci di cose inutili a cominciare dal cibo, altro bene che in Europa viene spesso sprecato, Baia è una città con un reddito procapite molto basso e questo ci ha aiutato a dare alle cose un valore molto più reale ed in poco tempo ci siamo resi conto che si vive benissimo anche nella semplicità. Tutto quello di cui abbiamo bisogno per stare bene è attorno a noi e ci è messo a disposizione da madre natura.
-Ah eccovi, vi stavo cercando.-
Mi giro e vedo Berto che sale le scale con un vassoio dal quale spuntano tre bicchieri a tronco di cono tipici della caipirinha.
-Ho preparato tre Caipi per assaporare meglio questo fantastico tramonto.-
Prendo il bicchiere e rigiro il contenuto con la cannuccia che sta perfettamente verticale inserita nel ghiaccio tritato, avvicino la bocca e succhio il liquido.
-Meravigliosa, complimenti al barman è una delle migliori che abbia mai bevuto, come la fai?--
-Bhè innanzitutto per appassionarmi alla cose che faccio mi piace conoscerne la storia e così mi sono documentato sulla provenienza del nome. Come sicuramente saprai Caipira era il nome comunemente usato per chiamare la cachaça nel periodo della schiavitù, quando il liquore, non ancora apprezzato come bevanda, veniva prodotto dagli schiavi con gli scarti della canna da zucchero ed utilizzato come energetico mischiandolo a frutti come arancia e limone, per sopportare il lavoro massacrante nei campi. Da lì il nome Caipira, che identifica qualcosa o qualcuno legato alla vita rurale. Da bevanda per gli schiavi, nel corso dei secoli, la caipirinha è poi stata modificata e rivalutata fino a diventare bevanda alcoolica nazionale con la benedizione del presidente Lula nel 2002. Il segreto per farla così buona non è niente di così prodigioso. La ricetta è la classica, un lime, due cucchiai di zucchero bianco, 2/3 di cachaça non invecchiata, io evito alcune marche come per esempio la Pitù che hanno sapori molto artificiali, per finire ghiaccio frozen. L’unica cosa che bisogna sempre fare è togliere l’anima bianca del lime prima di unirlo allo zucchero e ad un goccio di cachaça poi pestare delicatamente per evitare di schiacciare troppo la buccia del lime che, come l’anima sprigionerebbe un siero amarognolo che rovinerebbe la riuscita del cocktail. Una volta pestati gli ingredienti li passo nel bicchiere, li copro con il ghiaccio e verso sopra la Cachaça, poi mescolo e servo-
-Grazie per la lezione, la terrò a mente e la metterò in pratica molto presto e vi inviterò per un parere.-
-Volentieri-
Risponde Berto.
Mentre assaporo il cocktail centellinandone ogni sorso per non finirlo troppo in fretta, vedo arrivare sulla strada di sabbia che divide la pousada dalla spiaggia un uomo a cavallo dietro ad una piccola mandria di mucche, il gruppetto passa sotto di noi e poi si allontana seguendo la strada fino a sparire dietro ad un edificio a due piani. Mi rendo conto che ancora non mi so orientare in città e chiedo a Thierry:
-Dimmi, dove porta questa strada?-
-In direzione nord prendendo a sinistra arriva nella piazza principale della città che si trova a cinquecento metri in direzione opposta segue la spiaggia per un tratto e poi diventa un sentiero sulle dune che termina al villaggio Acajutibirò due chilometri a sud. La strada non ha nome, ma come spesso accade in Brasile gli abitanti ne hanno inventato uno, in questo caso legato ad un personaggio che per primo vi ha abitato. Questa dove siamo noi è la casa più antica della strada ed è stata costruita da un colonnello dell’esercito in pensione negli anni settanta; a quei tempi la prefettura (comune) cominciò a lottizzare i terreni di questo parte della spiaggia per venderli, così fu aperto il tracciato della strada tra le dune e questa fu chiamata Rua Projeitada; a quell’epoca, a chi cercava la casa del colonnello, veniva indicato Rua Projeitada sem numero (strada progettata senza numero). Il colonnello poi morì e a lato di questa costruirono le altre case che vede, così per fare un po’ d’ordine e per rispetto al colonnello, personaggio di spicco di Baia, la strada venne battezzata Rua do Coronel e i civici delle case? mi dirai! Bene, la numerazione partì dal numero cento della sua vecchia casa che non aveva numero, quindi in Portoghese "sem numero": Così da “Rua Projeitada sem numero” divenne “Rua do Coronel numero cem”, dal momento che sem e cem in Portoghese suonano uguale il gioco è belle e fatto ah ah!-
-Incredibile. Sapete quando sono arrivato stamattina mi sono fermato un momento ad ossevare la gente che si muoveva attorno alla fermata del bus e mi è venuto in mente Jorge Amado ed i suoi romanzi surreali, devo dire che questa storia del nome conferma la mia sensazione.-
-Proprio così.-
Mi fa eco Berto.
- Forse Baia attrae così tanto proprio per il fatto di essere surreale ed in modo così lampante che chi ha un po’ di sensibilità se ne rende conto al primo squardo.. Del resto di storie così ce ne sono a decine e non si capisce mai quanto di reale e quanto di inventato ci sia dentro ognuna di esse, senza considerare le leggende della cultura indigena legate agli spiriti ancestrali e quelle della cultura popolare con i loro personaggi fantastici.-