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ECONOMIA, ATTIVITÀ E RISORSE DEI POTIGUARA

A dispetto del significato attribuito al termine Potiguara, e cioè mangiatori o pescatori di gamberi, la maggior risorsa alimentare di questi Indios non fu mai la pesca, oggi sono pochissime le persone della comunità indigena che praticano la pesca di mare appannaggio dei non Indios che negli anni ‘50 e ‘60 si sono stabiliti nella cittadina di Baia da Traiçao, unico luogo adatto a costruire un porto, l’arrivo di pescatori non indios, quasi tutti provenienti dalla città di Caiçara do Norte nel vicino Rio Grande do Norte che si riunirono in comunità, in quello che ai tempi era un piccolo villaggio all’interno della riserva indigena, portò al suo riconoscimento di entità cittadina e al suo smembramento dalla comunità indigena, ciò provocò l’abbandono della pesca da parte dei pochi Potiguara che la praticavano.

Oggi l’unico luogo dove gli Indios si dedicano alla pesca è il villaggio di Cumarù, al confine nord della riserva sulle rive del Rio Camaratuba, dove viene praticata la pesca del gambero di fiume minacciata peraltro dalla presenza di una usina di canna da zucchero che versa i suoi residui di lavorazione nel fiume stesso.

Un’altra attività, legata alla pesca e tipica degli Indios, che si è perduta negli anni è la produzione di canoe, un tempo molto praticata in diversi vllaggi della riserva e oggi rimasta presente solo nel villaggio di Camurupim. La principale attività produttiva  dei Potiguara è e fu sempre l’agricoltura e in particolare la coltivazione di mandioca,  mais, patata, fagioli e zucca. Anticamente i Potiguara erano soliti scegliere un luogo adatto alla coltivazione, ripulire un’area dalla boscaglia tagliando gli alberi con il cui legno costruivano le case del villaggio, il sottobosco restante veniva bruciato per produrre carbone, una volta bonificata l’area una parte minore veniva destinata alla costruzione delle abitazioni case ed il resto veniva seminato, la semina veniva fatta in proporzione giusta per nutrire il gruppo e a volte con una parte d’eccesso che veniva usato come merce di baratto con altre tribù; dopo uno o due raccolti la comunità si spostava in una nuova area e ricominciava il processo.

Oggi non esiste più questo tipo di agricoltura itinerante, le comunità sono stanziali e gran parte delle terre viene coltivata a canna da zucchero per essere venduta, spesso a prezi irrisori, alle usine, le raffinerie di zucchero e alcool combustibile, anche in questo caso i Potiguara hanno perso una delle loro peculiarità culturali, tuttavia nella riserva di Baia da Traiçao esistono  ancora numerose case di farina attive dove la mandioca viene lavorata e cucinata per produrre parte dell’alimentazione tradizionale degli Indios.

L’attività di taglio delle foreste, che un tempo era legata solo alla sussistenza della comunità , con l’arrivo dei primi Europei  si trasformò in una vera e propria opera di disboscamento, nella prima metà del ‘500 i Francesi avevano costruito a Baia da Traiçao un avanposto commerciale dove il Pau Brasil tagliato dai Potiguara veniva imbarcato alla volta dell’Europa, oggi nella regione della riserva rimangono solo poche aree di foresta minacciate sempre più dall’inarrestabile richiesta di canna da zucchero da parte delle Usine. Il popolo Potiguara, che un tempo viveva in perfetta armonia con la natura, ha dissipato tutto il proprio patrimonio ambientale a beneficio dei bianchi e dei grandi gruppi economici e la maggior parte degli abitanti della riserva, non potendo più coltivare la terra per la propria sussistenza è costretta a lavorare come bracciante nei campi di canna da zucchero. Chi ancora cerca di ottenere un reditto svincolato dal controllo delle usine ha cominciato a piantare alberi da frutta, sopratutto banane, cocco e mango, ma anche in questo caso la mancanza di mezzi di trasporto e fondi di sostentamento per una politica economica sostenibile, costringe gli Indios a svendere la frutta a trasportatori senza scrupoli che la pagano un terzo del suo valore per caricarla sui camion alla volta dei principali mercati della regione. Oggi, grazie all’attività di alcune ONG si sta tentando di far capire agli Indios l’importanza di organizzarsi in gruppi cooperativi per aumentare il peso nelle trattative e far ricorso a fondi federali appositi, in alcuni villaggi sono state costruite delle piccole fabbriche dove la frutta viene spolpata e venduta come concentrato per succhi di frutta.

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