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Immagine del redattoreParaibadiscovery

Baia da Traiçao, Paraiba. Un paradiso da scoprire.

Aggiornamento: 17 set 2017



La regione meridionale di Baia da Traiçao si estende per circa 15 chilometri ed include alcune tra le più belle spiagge del nord-est nonchè l’importantissima area di protezione del lamantino di Barra de Mamanguape; si tratta di un vero e proprio santuario ecologico la cui estensione coincide anche con i confini della riserva indigena dei Potiguara, per questo motivo doppiamente protetta dalle speculazioni edilizie e dall’opera devastante dell’uomo in generale. La visita all’area è divisa in due escursioni distinte, la prima è una camminata sulla spiaggia di 8 chilometri fino alla spiaggia di Coqueirinho e alla foce del Rio Sinibù, la seconda è un’escursione in barca di una giornata attraverso le mangrovie ed il recife all’interno dell’area protetta del lamantino.






Trekking alla spiaggia di Coqueirinho


Quando si accede al mare dalla Ponta das Trinceiras, una lingua di sabbia bianca ricoperta da palme da cocco che si protende verso l’Oceano, la vista è fantastica e si perde in direzione sud per chilometri seguendo il profilo sinuoso della spiaggia bagnata dalle onde, all’orizzonte spiccano le sagome scure delle palme di Coqueirinho ad 8 chilometri di distanza. La camminata viene organizzata seguendo gli orari della marea, che in questa regione varia da 0 a 2.6 metri. La marea di questa mattina è 0.1, tra le più basse dell’anno, e ci permette di ammirare la spiaggia di Prainha nella sua estensione massima. Cominciamo a camminare in direzione sud tenendo come punto di riferimento una coppia di palme che svettano solitarie tra le dune di sabbia chiamate Romeo e Giulietta, dopo poche centinaia di metri usciamo dall’area edificata della città per trovarci in un ambiente naturale di incredibile bellezza composto da dune di sabbia bianca e palme da cocco, volgendo lo sguardo ad est si può vedere chiaramente la Ilha da Croa, una piccola spiaggia formatasi tra la barriera di recife (vedi il post monumenti geologici del Paraiba) come se fosse un atollo in mezzo al mare.

Dopo circa 4 chilometri raggiungiamo e superiamo una punta e davanti a noi si apre la fantastica baia di Coqueirinho, un’insenatura a forma di mezza luna che si estende per 3 chilometri, completamente deserta, il mare qui è calmo e la bassa marea lascia scoperta una secca che collega la spiaggia alla barriera di recife che qui dista alcune centinaia di metri, la percorriamo tutta e raggiungiamo il piccolo villaggio di Coqueirinho abitato da pochi indios Potiguara che si dedicano alla raccolta delle vongole. Il villaggio è composto da due file di case ai lati di una strada di sabbia, unica via di collegamento con la città, alla fine della strada si trova la piccola chiesa di Nossa Senhora dos Navegantes dove ogni anno viene portata la statua della santa protettrice, custodita a Baia da Traiçao, la processione è un evento importante che riunisce tutti gli abitanti della regione che affollano le coloratissime barche dei pescatori che sfilano da Baia fino a Coqueirinho dove viene celebrata una messa ed un rito propriziatorio con offerte di fiori e cibo al mare e a Yemanjá, l’ Orishá protettrice del mare e dei navigatori del sincretismo afro-brasiliano. Dalla chiesa la nostra camminata continua fino alla foce del Rio Sinibù dove incontriamo alcuni abitanti locali intenti a raccogliere le vongole che da qui vengono poi accumulate nelle case per poi essere bollite e sgusciate. Dopo un bagno rinfrescante nel fiume ci attende una sosta in un piccolo ristorantino sul mare dove il mio amico Macarrao ci ha preparato un meraviglioso pranzo a base di ostriche, gamberi e aratù, un piccolo granchio dalla carne saporita che popola il recife, non c’è modo migliore per coronare una giornata di cammino, naturalmente accompagnando il tutto con una buona cerveja Skol.










Escursione alla Barra di Mamanguape



 

Seu Bilunga è un signore sulla sessantina, magrissimo ed esile, il volto scavato dal vento dell'Oceano, proprio come si addice ad un "vecchio" pescatore. Ci aspetta con la sua barca

ancorata nel piccolo porto fluviale del villaggio di Camurupim, a 10 chilometri da Baia. Il villaggio è immerso in una natura lussurreggiante e le sue strade, i cortili delle case e persino i pavimenti dei bar che si tro vano sul fiume sono ricoperti da milioni di gusci di vongole a testimoniare la principale attività dei suoi abitanti.Mi accoglie con un sorriso ed un abbraccio sincero, siamo amici ormai da anni e non c'è altra persona qui alla quale mi affiderei per fare questa escursione. Lui conosce ogni angolo e segreto del fiume e sa come trovare i lamantini che ha battezzato ognuno con un proprio nome. Bilunga ci fa salire sulla piccola barca a motore e prendiamo lentamente il largo seguendo la corrente del Rio Sinibù che disegna il suo percorso di curve e anse attraverso l'intrico impenetrabile della foresta di mangrovie. Ad un certo punto spegne il motore della barca e ci fa segno di stare zitti ed ascoltare, è solo allora che ci accorgiamo che il silenzio che si è venuto a creare viene interrotto da un battere ritmato quasi metallico, clack clack... "è il chamamarè", sussurra, poi prende il remo e si avvicina ad un banco di sabbia dal colore insolitamente scuro, quando siamo a pochi metri notiamo che la macchia scura, che pensavamo fosse limo del fiume, non è altro che una distesa di migliaia di piccoli granchi neri che battono la loro unica chela, sproporzionata rispetto al resto del corpo, per avvisare del pericolo incombente, la nostra presenza . Vengono chiamati "chiama marea" perchè vivono nelle secche che si creano con la bassa marea. Bilunga scende e ne afferra uno per mostrarcelo e ci spiega che solo i maschi posseggono l'enorme chela che crea quel suono e serve per cacciare ed alimentarsi. Riprendiamo il nostro viaggio tra le mangrovie e non possiamo fare a meno di fissare le fantastiche geometrie delle radici degli alberi, Bilunga ci spiega che qui esistono varie specie di "Mangue" come vengono comunemente chiamati questi alberi, c'è il "mangue preto" (mangue nero) le cui radici hanno un sistema chiamato ghiandola del sale che permette loro di secernere il sale assorbito nell'acqua, poi c'è il "mangue vermelho" (mangue rosso) così chiamato per la colorazione della sua corteccia ed il "mangue branco" (mangue bianco) che, grazie al suo sistema di ossigenazione, è il maggior responsabile del processo di pulizia dell'acqua di questo habitat. Tra queste radici, ci spiega Bilunga, vive il Pai do mangue, lo spirito che protegge la foresta delle mangrovie ed il fiume e punisce coloro che non rispettano questo ambiente, considerato sacro perchè da esso dipende la sopravvivenza degli abitanti del luogo, che qui pescano granchi, ostriche e piccoli pesci che sono la base della loro alimentazione. Così perdendoci a fantasticare su architetture della natura e spiriti ancestrali arriviamo alla foce del fiume ed il panorama si apre improvvisamente sull'immensità dell'oceano, qui è ben visibile l'incontro delle acque, salata e dolce con due colorazioni differenti. La prua della barca fa rotta verso il recife in un punto chiamat il paradiso delle tartarughe, arrivati in prossimità delle rocce la barca si ferma e noi saliamo sul recife; bamminiamo su un enorme monolito di roccia e conglomerato modellato dall'erosione marina, la forza delle onde scava grotte e fosse che con la bassa marea si traformano in piscine popolate da piccoli pesci colorati e da corallo cervello, da un lato abbiamo il mare interno, calmo ed invitante e dall'altro il mare aperto con le sue onde che s'infrangono violente sulle rocce creando enormi soffioni e ad un certo punto cominciano ad apparire, a pochi metri da noi, la loro testa spunta fuori dall'acqua come un periscopio e l'enorme guscio rimane a pelo d'acqua dandoci la possibilità di percepire la familiare siluette, sono  tartarughe a decine e possiamo distinguerne varie specie tra cui la Penta, la più grande. Fino a cinquant'anni fa non era possibile assistere ad uno spettacolo del genere perchè la tartaruga era quasi estinta in Brasile, poi grazie ad un gruppo di ambientalisti, che cominciarono una tenace lotta contro la pesca della tartaruga, l'animale fu dichiarato protetto dal ministero dell'ambiente e fu creato il progetto Tamar che da allora si prende cura del destino di tutte le tartarughe del Brasile. Soddisfatti da questa visione ci dirigiamo alla Barra di Mamanguape, la barca ci lascia sull'estremità di una punta di sabbia bianca dalla quale parte un'immensa spiaggia di dune deserta e selvaggia, attraversiamo le dune e scendiamo nel piccolo villaggio di Barra dove si trova il centro di protezione del lamantino, lì ci accoglie uno dei biologi del centro che ci introduce le regole del parco e ci spiega come vive questo enorme mammifero, anch'esso in pericolo d'estinzione, che può raggiungere i 4 metri di lunghezza. Fino a pochi anni fa il lamantino veniva cacciato con grande facilità ed era molto ricercato sia per la carne che per il grasso dal quale si ricavava olio, quando venne inserito nel programma di protezione il progetto "Peixe Boi", come viene chiamato qui il lamantino, sviluppò una serie di iniziative per dare lavoro ai pescatori che vivevano della caccia al mammifero, nacquero così varie attività legate al turismo come quella di guida di Bilunga. Oggi nell'area di protezione vivono sei esemplari continuamente monitorati e questo è uno dei pochi posti dove li si può osservare nel loro habitat naturale.

A questo punto non resta che addentrarci nella foce del fiume per conoscere da vicino questo docile bestione di 600 chilogrammi e non passa molto tempo che Bilunga ci indica un punto non ben definito nel fiume, nessuno di noi vede nulla fino a quando non gli siamo praticamente sopra e Bilunga spegna il motore, allora ci appare in tutta la sua grandezza, nuota placido verso di noi e con piccole piroette passa sotto la barca per riemergere da lato opposto, scompare di nuovo nell'acqua limacciosa e riappare col muso propri vicino alla prua e possiamo vederlo chiaramente, il muso enorme è un tutt'uno con il corpo, le narici posseggono due valvole che si aprono per permettere la respirazione e il corpo è cosparso da paeli radi e duri, gli occhi sono minuscoli e sopra la bocca spuntano grandi vibrisse che gli permettono di orientarsi nelle acque torbide. E' un'emozione vedere un animale così raro vivere e muoversi libero nel proprio habitat, una sensazione che lascia tutti a bocca aperta e ci accompagna nel tragitto di ritorno a Camurupim dove lasciamo il nostro timoniere Bilunga ringraziandolo per la bellissima esperienza. 

Grazie Bilunga, grazie Madre Natura.












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