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I gruppi tribali dell'Orissa, India orientale

Immagine del redattore: ParaibadiscoveryParaibadiscovery





In Orissa si concentrano 62 differenti gruppi etnici tribali riconosciuti, sono gli Adivasi, i discendenti dei popoli nativi dell'India prima dell'arrivo degli Ari avvenuto 3000 anni fa. I villaggi di queste tribù sono situati in zone collinari boscose a volte di difficile accesso. Gli abitanti delle comunità tribali vivono di caccia, agricoltura, artigianato primitivo e raccolta di legname dalle foreste. La religione appartiene al ceppo animista con influenze di sciamanesimo e del rito degli antenati. Le tribù si differenziano tra loro per l'abbigliamento e gli accessori come collari, cavigliere e copricapi e spesso per le pitture corporali. Questo itinerario realizzato da me e da Mariangela risale ad una quindicina di anni fa, ma la condizione delle tribù dellìOrissa non deve essere molto cambiata dato il loro isolamento geografico e sociale. Ai tempi, per accedere alla regione tribale era obbligatorio richiedere un permesso speciale e una volta ottenuto, rivolgersi ad una agenzia specializzata che forniva una guida/autista con il compito di accompagnatore nonchè traduttore e mediatore, la maggior parte dei popoli tribali infatti non parla Inglese nè Indi, quindi è indispensabile la conoscenza dell’Oriya, la lingua ufficiale dello stato, per poter comunicare, così come è indispensabile seguire un certo rituale per aver accesso ai villaggi, nella maggior parte dei casi è bene richiedere un permesso al capo del villaggio ed informarsi sulle norme di comportamento da rispettare per non offendere o mancare di rispetto.






Il nostro viaggio tra gli Adivasi dell’Orissa comincia da Bhubaneswar, capitale dell’Orissa, è qui che si richiede il lasciapassare per la regione delle tribù e che conosciamo Nihar che sarà la nostra guida durante i sette giorni di avventura che ci aspettano. Il primo approccio con Nihar lo abbiamo davanti alla sua casa dove ci aveva indirizzato il meticoloso funzionario governativo che ci aveva rilasciato il permesso, Nihar, probabilmente avvisato dal funzionario, stava lavando la sua magnifica Hindustan Ambassador color crema, oggi simbolo di tempi passati, la produzione è stata interrotta nel 2014, ma ai tempi ancora molto in voga. Fatte le dovute presentazioni Nihar ci invita in casa sua per sorseggiare un thè e discutere i dettagli e le modalità del viaggio. La proverbiale ospitalità degli Indiani, frutto di una miscela di antiche usanze e della più recente influenza inglese, non si smentisce neppure questa volta. Nihar ci presenta la sua famiglia e ci racconta la storia dei suio genitori che arrivarono in Orissa dopo aver abbandonato Calcutta, loro città natale, in cerca di lavoro e cibo, il thè con latte come sempre è buonissimo, la moglie di Nhiar ci serve anche acuni dolcetti tipici, la conversazione si protrae per un’ora, durante la quale stabiliamo l’itinerario tracciandolo sulla mappa. Partenza il giorno seguente alle sette.








L' Ambassador crema si integra alla perfezione con il paesaggio circostante fatto di verdi colline boscose, ogni volta che attraversiamo un villaggio una folla di bambini si accalca attorno al nostro mezzo per salutarci al grido “pen, pen”; è incredibile come in India, dove la fame è una triste compagna quotidiana, nel chiedere qualcosa ad uno straniero il primo pensiero di questi bambini vada ad una penna, sta di fatto che questa scena si ripete spesso in tutto il paese. La nostra prima tappa è il villaggio di Sadeibarni nel distretto di Denkenal, qui vive l’etnia Sithulias, questa casta aborigena è specializzata nella produzione di manufatti in metallo con la tecnica della cera persa, dove la materia prima utilizzata è una lega di rame, zinco ed altri metalli di scarto e rottamazione, questa tecnica, che si tramanda da generazioni, dona agli oggetti un aspetto antico di grande effetto. É sera quando arriviamo a Phulbani, distretto con una grande presenza di tribù appartenenti all’etnia dei Kondh. I Kondh si dividono in tre gruppi distinti ognuno con caratteristiche che li rendono ben riconoscibili. Kutia Kondh, vivono in villaggi con capanne allineate lungo una strada/piazza sempre disposta in direzione della sommità di una collina probabilmente per favorire il drenaggio dell’acqua piovana. Le donne Kutia si tatuano il volto con tre puntini sulle guance. Desia Kondh, per difendersi dall’attacco delle tigri le donne Desia si tatuano sul volto le vibrisse del felino e portano bellissimi sari dai colori sgargianti. Nei villaggi Desia si trova un palo sacrificale un tempo utilizzato per sacrifici umani, oggi durante le cerimonie propiziatorie, viene sacrificato un bufalo. Dongria Kondh, le donne portano una serie di collane in bronzo e tre anelli al naso e vari anelli e bracciali con decorazioni geometriche romboidali che rappresentano il sangue dei sacrifici rituali.






Il giorno successivo ci rechiamo nel distretto di Rayagada, territorio dei Desia Kondh, lungo il tragitto passiamo vari villaggi tribali e possiamo osservare e fotografare da vicino da vicino le donne Desia, il loro portamento è estremamente elegante, i saari coloratissimi danno loro un aspetto principesco ancora più marcato dai gioielli che portano in tutto il corpo e dagli anelli con piattelli di bronzo nelle narici. Le donne hanno lo stesso peso degli uomini nella società dei Desia, qundo si sposano è la famiglia dello sposo a versare una dote a quella della moglie e se questa non potrà avere figli il marito potrà sposarsi di nuovo, ma avrà l’obbligo di mantenere la prima moglie sotto lo stesso tetto. Durante una sosta in un villaggio Desia ci invitano ad entrare in una casa, l’interno è semplice, composto da tre ambienti, una cucina, una camera da letto comune ed un riparo per gli animali, le pareti sono di argilla ed il tetto di paglia. Sulla piazza del villaggio un gruppo di donne sta lavorando freneticamente al raccolto di riso accompagnando i movimenti del corpo con canti. Siamo talmente presi da questa atmosfera fiabesca che non ci accorgiamo che Nihar ci sta chiamando per presentarci il capo villaggio, un uomo all’apparenza magrissimo ma i nervi che solcano il suo corpo lasciano percepire la sua forza, sembra avere una sessantina d’anni anche se probabilmente non ne avrà più di cinquanta. Ci fissa alungo negli occhi come per valutare le nostre intenzioni, poi volge lo sguardo verso Nihar e comincia a parlargli senza interruzione. Quando termina Nihar ci spiega che il capo villaggio è onorato della nostra presenza nel suo villaggio e che possiamo restare quanto vogliamo e sentirci come a casa nostra. L’uomo nel frattempo si era preparato una pipa fatta con il bambù e l’aveva accesa. il fumo intenso e bianco avvolgeva il suo viso nascondendo per un attimo i suoi occhi. Dopo alcuni attimi di silenzio Nihar ci invita a salutarlo e ad uscire per riprendere il nostro viaggio e noi risaliamo sull’Ambassador consapevoli di aver assicurato nel nostro bagaglio di conoscenze una nuova ed unica esperienza di vita.

La mattina seguente ci svegliamo di buon ora per coprire i cinquanta chilometri che ci separano dal villaggio di Majhiguda dove si tiene un importante mercato che riunisce tutte le tribù della regione che scendono alla spicciolata dalle montagne circostanti ed animano le strade e le piazze del villaggio, è un tripudio di colori e di profumi e la nostra sensazione è di essere dei privilegiati perchè ci rendiamo subito conto di essere gli unici stranieri presenti e per una volta siamo noi a sentirci minoranza etnica. Nonostante ciò nessuno si cura della nostra presenza, così camminiamo tra la folla colorata ed urlante in tutta tranquillità osservando le tecniche di contrattazione e scambio. Il più delle volte non vediamo circolare denaro, ma semplicemente barattare le merci a testimoniare, se servisse, la condizione realmente tribale di queste popolazioni. Quando lasciamo il mercato è quasi mezzogiorno, risaliamo sull’Ambassador per andare a visitare alcuni villaggi dei Dongria Kondh, lungo il tragitto ci fermiamo a mangiare in un piccolo ristorante sulla strada dove il cibo ci viene servito su grandi foglie di banano, una volta terminato le foglie vengono date alle mucche sul retro del ristorante, fantastico metodo di smaltimento dei rifiuti. Arriviamo in tarda serata a Jeypore dove passiamo la notte in un semplice ma decoroso albergo.

La giornata seguente ci porta in visita alle tribù Bonda e Gadhaba, i primi sono considerati una delle tribù più primitive dell’India a causa dello stato d’isolamento in cui vivono, data la loro bassa statura vengono chiamati Pigmei dell’Orissa, parlano una lingua che risulta incomprensibile anche ai membri delle altre etnie e vivono di agricoltura sulle pendici più inaccessibili delle colline del distretto di Jaipore. I secondi, circa 70 mila individui, si dividono in tre diverse tribù: Boro Gadaba, Ollar Gadaba e Paranga. I Boro Gadaba sono considerati i veri depositari della cultura Gadaba mentre gli altri due gruppi hanno ormai perso completamente la loro condizione tribale. Tutti si ritrovano settimanalmente al mercato di Onkudelli.

L’ultimo giorno della nostra avventura prevede la visita al mercato di Vishakapatnam, il più importante mercato tribale dell’Orissa. Qui si riuniscono i rappresentanti di tutte le etnie tribali dello stato per regalarci l’ultima intensa ed indimenticabile esperienza sensoriale di questo viaggio tra gli Adivasa dell’Orissa, tra gli ultimi rappresentanti della cultura tribale dell’India moderna.




 
 
 

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Il mio lavoro svolto in Brasile come fotografo e scrittore di itinerari turistici mi ha portato, sei anni orsono, a fare una scelta radicale che ha modificato completamente la mia vita. Dopo aver esplorato il Nord est brasiliano per tre anni ho deciso di trasferirmi a Baia da Traiçao, un angolo di paradiso che nessuno aveva ancora scoperto e che, fortunatamente, rimane ancora intatto oggi. Qui vivo in maniera semplice gestendo assieme a mia moglie Mariangela, una piccola pousada e accompagnando i fortunati viaggiatori, che per curiosità o per caso arrivano fino a Baia, alla scoperta delle meraviglie di questa terra generosa, condividendone con loro tutto ciò che ho appreso in questi anni.

 

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