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Parco Nazionale Marino e Terrestre di Fernando de Noronha

Immagine del redattore: ParaibadiscoveryParaibadiscovery





Arrivare in aereo su queste isole provoca brividi di emozione, la bocca resta spalancata dalla meraviglia per tutto il tempo del sorvolo e dell’atterraggio.

Le ventuno isole fanno parte di un mondo a parte di solo un centinaio di chilometri quadrati tra terra e mare e a circa 400 km dalla costa Nordestina del Brasile. Parco Nazionale Marino e Terrestre dal 1988, rifugio di fregate, sterne, gabbiani e cormorani. La temperatura non va mai al di sotto dei 25 gradi e arriva al massimo ai 35 mentre il mare ha una temperatura costante di 24 gradi. Delfini e tartarughe nuotano indisturbati nelle acque cristalline. Un vero sogno. Pare che chi ci viene una sola volta resti con il desiderio di tornarci per sempre e chi ci viene tre volte non se ne vada più via e si fermi ad abitare qui per il resto della vita.

Data la bellezza di questo Parco non possiamo indicare un tempo di sosta, ma dati i costi dipende dalle vostre possibilità, comunque cercate di fermarvi almeno tre giorni. Una settimana sarebbe l’ideale.











Storia

La scoperta di queste isole ha molte controversie. Si dice che il primo a vederle fu il timoniere-cartografo di Colombo, Juan de la Cosa, nel 1492. Nel 1502 appaiono con il nome di Isole della Quaresima in alcune mappe nella corte di Ercole D’Este a Ferrara, che fa pensare che le prime spedizioni fossero passate da qui nel periodo della Quaresima. Venne poi attribuita la scoperta a Fernão de Loronha, nel 1503, nel corso delle sue spedizioni per la ricerca e il commercio di legname. Pare che fossero da lui usate come base d’appoggio intermedia tra l’Europa e il Brasile. Di fatto il primo a descriverle fu Amerigo Vespucci nel 1503 durante la spedizione fatta con Gonçalo Coelho.

Nel 1504 furono donate da re Dom Manuel I a Fernão de Loronha e furono la prima capitania (possedimento) ereditaria del Brasile. Gli eredi ricevettero le terre per decreto reale fino all’ultimo discendente nel 1692, nessuno di questa famiglia vi mise comunque piede dimenticandosi completamente del possedimento. La posizione strategica a mezza strada tra Europa e Nuovo Mondo fece sì che furono comunque oggetto di invasioni continue e aspre contese. Nel 1628 sbarcarono gli olandesi che costruirono il Forte de Nossa Senhora dos Remédios sull’isola principale che usarono come luogo di convalescenza per gli ammalati di dissenteria e scorbuto. Nel 1700 tornarono nelle mani della corona Portoghese tramite decreto regio che le abbandonò se ne dimenticò completamente. Occupate dai Francesi nel 1736 che le chiamarono Isole Delfino, tornarono definitivamente in mano dei lusitani nel 1737 che costruirono altri due Forti per proteggerle meglio: Forte Nossa Senhora da Conceição e Forte Santo Antônio. Sulle rovine del vecchio forte olandese ricostruirono una chiesa e un’altra fortezza. Il termine della costruzione chiesa diede anche l’avvio all’ arrivo della popolazione sull’isola principale dando vita al primo disastro ambientale. Fu distrutta tutta la copertura vegetativa originale, sostituita in seguito con alberi e speci estranee che modificarono completamente l’aspetto originario di Fernando de Noronha.

Nel corso degli anni furono costruiti circa una decina di forti e varie chiese di cui restano solo rovine e relitti sommersi, agli inizi del secolo XX si installarono gli inglesi per una cooperazione tecnica di telegrafia, ritornarono poi i francesi e quindi gli italiani con Italcable. Base militare degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale fu successivamente usata dalla Nasa. Divenne quindi carcere e stazione metereologica fino ai giorni nostri quando il delicato sistema ecologico fu finalmente protetto creando il Parco e diventando meta turistica. Per preservare l’ambiente e non sconvolgere il delicato equilibrio di queste isole il turista, oltre al pagamento della tassa giornaliera (Tassa di Preservazione Ambientale) è limitato numericamente: il limite di sbarco è ora fissato a 420 visitatori.

Le 21 isole, di origine vulcanica, hanno una superficie complessiva di 26 kmq, l’isola principale raggiunge una lunghezza massima di una decina di chilometri e una larghezza di quattro. Ricoperte con una vegetazione tipica tropicale composta principalmente da cespugli e alcune speci di alberi come la buganvillea (fam.Nyctaginaceae), il jacarandé (o palissandro – fam.Bignoniaceae), il pistacchio il mango e il falso pepe (fam.Anacardiaceae). Sono stati introdotti anche tanti cespugli ed erbe, non natali dell’arcipelago, come il cappero e alberi da frutto quali la papaia, l’anacardo, il banano, il tamarindo e il cajù. Tra le piante ornamentali introdotte c’è l’albero di Natale, la gardenia, l’eucalipto e la palma da cocco. D’introduzione anche il caffè, la robbia e l’albero della china.

Le correnti calde non contengono molto materiale organico quindi c’è scarsità di piante acquatiche questo fa si che l’ecosistema marino sia unico in quanto poche specie hanno saputo adattarsi.

Dato l’isolamento la fauna terrestre più ricca è l’avifauna, fra le tante specie di uccelli che popolano l’arcipelago si trovano: le sterne, le sule e le fregate. Per quanto riguarda i rettili ci sono due specie di tartarughe, quella verde e l’imbricata che nidificano sulle isole e due specie di lucertole .






Comments


Il mio lavoro svolto in Brasile come fotografo e scrittore di itinerari turistici mi ha portato, sei anni orsono, a fare una scelta radicale che ha modificato completamente la mia vita. Dopo aver esplorato il Nord est brasiliano per tre anni ho deciso di trasferirmi a Baia da Traiçao, un angolo di paradiso che nessuno aveva ancora scoperto e che, fortunatamente, rimane ancora intatto oggi. Qui vivo in maniera semplice gestendo assieme a mia moglie Mariangela, una piccola pousada e accompagnando i fortunati viaggiatori, che per curiosità o per caso arrivano fino a Baia, alla scoperta delle meraviglie di questa terra generosa, condividendone con loro tutto ciò che ho appreso in questi anni.

 

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